L’ortolano (Emberiza hortulana) è una specie molto importante per gli ecosistemi agrari perché la sua presenza – o assenza – aiuta a comprenderne immediatamente lo stato di salute, fungendo così da vera e propria “sentinella”.
L’ortolano è un uccello tipico di ambienti molto eterogenei, caratterizzati da pendenze dolci e dove convivono come in un mosaico praterie, macchie di cespugli, piccoli boschi e attività agricole non intensive. Fino a metà degli anni ’50 esso era ampiamente presente in Oltrepò pavese, dove trovava molti ambienti idonei grazie al corretto mix di tutte queste caratteristiche.
Ortolano, una specie a rischio
Oggi purtroppo l’ortolano è una specie a rischio estinzione, non solo in Oltrepò ma in tutta Europa. Negli ultimi 30 anni è stata riscontrata una diminuzione della su

a popolazione addirittura dell’89%, ed è stato inserito nell’Allegato 1 della Direttiva Uccelli (dove compaiono quelle specie il cui stato di conservazione a livello europeo desta particolare preoccupazione). Ma quali sono i motivi di questo declino?
Uno studio condotto in Oltrepò pavese dai ricercatori di LIPU, Fondazione Lombardia per l’Ambiente e Università di Pavia ci fornisce una spiegazione direttamente connessa al cambiamento di uso del suolo, in particolare all’aumento delle pratiche di agricoltura intensiva, all’urbanizzazione e all’abbandono di intere porzioni di territorio.
Il cambiamento del mosaico agricolo in Oltrepò
A partire dalla metà degli anni ’50, il paesaggio dell’Oltrepò pavese è gradualmente, ma radicalmente, cambiato. Il mix di habitat caratterizzato da zone agricole coltivate in maniera tradizionale, bassa urbanizzazione, ampie praterie, macchie di cespugli, siepi e filari è stato via via sostituito, in molti casi, da qualcosa di molto diverso.
Dal 1954 al 2012 le aree aperte (sia coltivate che non) sono diminuite del 39%, mentre sono cresciute in maniera spettacolare le aree urbanizzate (+ 144%), i vigneti (+ 165%), le foreste (+ 59%) e le aree caratterizzate da cespugli (+ 38%). Il trend è stato particolarmente rapido fino al 2000, mentre poi è andato rallentando. Parallelamente, sono aumentante in maniera vertiginosa le aree abbandonate, tanto da essere quasi triplicate (+ 173%) tra il 2000 e il 2012.
Questo cambiamento nell’utilizzo del suolo ha sbilanciato significativamente il mosaico di ambienti che rendeva l’Oltrepò pavese un luogo ideale per la “sentinella” ortolano; e infatti, a riprova del peggioramento della qualità dell’ecosistema agrario, la sua distribuzione potenziale è diminuita del 75% rispetto alla metà degli anni ’50.

Una possibile soluzione: ristabilire l’equilibrio
Lo studio fornisce possibili soluzioni in grado di risollevare la popolazione di ortolano e, parallelamente, migliorare lo stato di salute degli ecosistemi agrari dell’Oltrepò pavese.
Il punto fondamentale è ristabilire l’equilibrio tra le diverse tipologie di ambienti; innanzitutto, vanno mantenute quelle aree, presenti soprattutto sulle colline ai piedi degli Appennini, dove l’agricoltura viene praticata con metodi non intensivi, le aree urbanizzate sono poche e praterie, cespuglieti, siepi, filari e vigne formano un mosaico eterogeneo che ricorda quello di mezzo secolo fa.
Partendo da queste aree e tenendole come modello, è necessario studiare e poi attuare una strategia territoriale di ampio respiro in grado di contrastare l’abbandono del territorio, limitare le pratiche di agricoltura intensiva e l’urbanizzazione e ripristinare le aree aperte.
Il progetto ViNO darà il proprio contributo in questo senso segnalando pratiche di gestione del territorio condivise tra le diverse realtà territoriali dell’Oltrepò pavese in grado di ricreare questo equilibrio virtuoso.
Fonte: Sixty years of habitat decline: impact of land-cover changes in northern Italy on the decreasing ortolan bunting Emberiza hortulana, Brambilla, M., Gustin, M., Vitulano, S. et al. Reg Environ Change (2016).